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Usa, l'Internet pubblico potrà essere filtrato

Decisione storica della Corte Suprema: le biblioteche potranno essere costrette per legge a installare filtri, purché disattivabili
MILANO - La Corte suprema degli Stati Uniti ha deciso per la prima volta di accogliere una limitazione alla libertà di navigare su Internet regolata da una legge del Congresso. Dividendosi per 6-3, i giudici di Washington hanno deciso che il Congresso può obbligare le biblioteche pubbliche nazionali a dotarsi di filtri antiporno per Internet, senza violare la Costituzione.
Immediata la reazione dell'American Library Association, vale a dire l'unione di tutte le biblioteche statunitensi. Ribadisce lo scontento per il provvedimento e sottilinea un punto: la decisione è passata solo perché prevede l'immediata disabilitazione di tuti i filtri su richiesta degli utenti, ma manca ancora la certezza che questa funzionalità sia prevista dai prodotti disponibili sul mercato. L'ALA si impegna inoltre, in un comunicato stampa sul proprio sito, a raccogliere informazione sul funzionamento dei filtri: cosa impediscono di vedere e perché. Secondo il Washington Post sono circa 143 milioni i cittadini statunitensi che usano regolarmente la rete, e di questi il 10 percento lo fa da punti di accesso pubblici. Il 95% delle biblioteche pubbliche offrono anche l'accesso a Internet.
Il Congresso dal 1996 aveva approvato tre leggi che cercavano di trovare un modo di proteggere i minori dalla pornografia sul web, ma le prime due erano state bocciate dal massimo organo giudiziario degli Usa, che le aveva ritenute limitazioni inaccettabili ai diritti previsti dal Primo emendamento alla Costituzione, che sancisce il diritto alla libertà di espressione.

LIMITAZIONI ALL'INFORMAZIONE - Stavolta la Corte ha deciso che la legge che riguarda le biblioteche è costituzionale, anche se i filtri, per come sono concepiti, provocheranno inevitabilmente anche il blocco dell'accesso a siti Internet legittimi, provocando quindi restrizioni alla libertà di navigare online. Una corte federale in Pennsylvania aveva giudicato incostituzionale il provvedimento, perchè i programmi filtro bloccano l'accesso a troppo materiale che non ha niente a che fare con la pornografia. Ma la Corte suprema non è stata dello stesso avviso. Il giudice capo William Rehnquist, nelle motivazioni di maggioranza, ha affermato che i bibliotecari non si trasformeranno in censori e che i diritti costituzionali vengono comunque salvaguardati per i 14 milioni di americani che usano i computer delle biblioteche pubbliche per le ricerche.

23 giugno 2003 - Corriere della Sera

Il documento completo della decisione della Corte suprema dal sito ufficiale (in Pdf)

 



 

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